Prosopagnosia: vivere in un mondo di sconosciuti

Articolo a cura di Silvia Gobbo. Psicologa e Dottoranda in Psicologia, Linguistica e Neuroscienze Cognitive presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca. Nel suo lavoro di ricerca si occupa principalmente di indagare i meccanismi alla base dell’elaborazione dei volti e la riabilitazione dei disturbi di riconoscimento. 

Le persone che ne sono affette in maniera più severa non riescono a riconoscere il volto della propria madre, fidanzata, persino il loro volto allo specchio. È un po’ come vivere in un mondo pieno di sconosciuti che non diventano mai familiari: stiamo parlando della prosopagnosia, un disturbo nel riconoscimento dei volti. 

 Gli attuali modelli di riconoscimento facciale suggeriscono che processiamo i volti un passo dopo l’altro: inizialmente, quando vediamo una faccia, il nostro cervello elabora i suoi elementi e acquisisce le informazioni direttamente disponibili come il genere, l’espressione facciale e l’età. Tuttavia, per decidere l’identità di quella persona, dobbiamo trasformare l’informazione che ci arriva in quel preciso istante in un’informazione generica, che non dipende dal punto di vista da cui stiamo osservando quella persona o dalla sua espressione facciale. Questa trasformazione ci permette di confrontare il volto che abbiamo davanti a noi con tutte le memorie che abbiamo immagazzinato sui volti. Se non otteniamo nessuna corrispondenza, significa che quel volto ci è sconosciuto. Se invece c’è una corrispondenza, possiamo accedere a tutte le informazioni che possediamo su quella persona: il suo lavoro, che cosa gli piace mangiare, dove vive e ,infine, abbiamo accesso al suo nome. La prosopagnosia può risultare da un danno a qualunque degli stadi che abbiamo descritto. 

Non ha niente a che fare con un problema di vista: le persone affette da prosopagnosia vedono un naso, due occhi e una bocca esattamente come noi.  Quello che non riescono a fare è mettere insieme queste informazioni in una configurazione. Mettetevi alla prova, guardate i volti qui sotto: 

È facile riconoscerli? Ora girate lo schermo di 180 gradi: cosa cambia? Potete fare lo stesso scorrendo il feed del vostro Instagram con lo schermo del telefono capovolto: riuscite a riconoscere facilmente i vostri amici? 

Studi scientifici suggeriscono che troviamo molto difficile riconoscere le facce quando sono capovolte perché quando appaiono così non siamo in grado di adottare la giusta strategia per mettere insieme gli elementi dei volti in una configurazione. Questo è proprio quello che succede alle persone affette da prosopagnosia che però vanno incontro a questa difficoltà sempre, anche quando i volti sono dritti. Infatti, vedendo volti dritti e capovolti non mostrano nessun vantaggio nel riconoscimento di volti dritti, mostrano di usare la stessa strategia di riconoscimento per entrambi gli orientamenti.  

La prosopagnosia non ha nemmeno niente a che fare con un problema di memoria: le persone affette da prosopagnosia sono perfettamente in grado di ricordare informazioni sulle persone che conoscono. Tuttavia, non riescono ad accedere a queste informazioni guardando il volto e devono aiutarsi con informazioni estranee alla faccia come il colore e la forma dei capelli, la voce o il profumo. 

Nel nostro cervello esiste un’area specifica che è specializzata nel riconoscimento volti che si chiama Area Fusiforme Facciale. Una lesione diretta a quest’area può risultare in prosopagnosia, ma non è l’unica possibile causa: la prosopagnosia è spesso presente anche in una particolare forma di demenza detta Atrofia Corticale Posteriore e può anche essere presente già dalla nascita, pensate che anche Brad Pitt ne è affetto!

Ma non tutte le speranze sono perdute: il nostro cervello è in grado di compensare diverse mancanze. Infatti, diverse persone affette da lievi forme di prosopagnosia riescono a condurre una vita normale grazie alla loro abilità di usare indizi esterni al volto come strategia per riconoscere le persone. Inoltre, recenti studi mostrano l’efficacia di promettenti trattamenti riabilitativi sulla prosopagnosia, anche se ancora in via sperimentale. 

Quindi, la prossima volta che un conoscente non vi saluterà per strada, prima di giungere alla conclusione che gli state antipatici, considerate che per lui potreste essere nient’altro che un insieme di naso, occhi e bocca.  

Bibliografia

Bate, S., & Tree, J. J. (2017). The definition and diagnosis of developmental prosopagnosia.
Bruce, V., & Young, A. (1986). Understanding face recognition. British journal of psychology77(3), 305-327.
Busigny, T., & Rossion, B. (2010). Acquired prosopagnosia abolishes the face inversion effect. Cortex46(8), 965-981.
O’Toole, A. J., Roark, D. A., & Abdi, H. (2002). Recognizing moving faces: A psychological and neural synthesis. Trends in cognitive sciences6(6), 261-266.
Malaspina, M., Albonico, A., Lao, J., Caldara, R., & Daini, R. (2018). Mapping self-face recognition strategies in congenital prosopagnosia. Neuropsychology32(2), 123.

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