Can’t take my eyes off of you: dalle canzoni alla neuropsicologia. Una panoramica sul significato dello sguardo

Articolo a cura di Tanaya Chatterjee, dottoranda dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nei suoi lavori di ricerca si occupa di percezione dello sguardo e attenzione sociale. 

Anche se si può immaginare dalle infinite canzoni romantiche quali siano agli effetti inebrianti che hanno gli occhi della persona della quale siamo innamorati, voglio comunque approfittare di questa occasione per illustrare l’importanza e l’importanza dello sguardo di un essere umano. 

Basandoci su un approccio scientifico, lo sguardo di un’altra persona ha un alto valore sociale e cognitivo e cattura la nostra attenzione a livello subconscio. Come lo sguardo di una persona può rivelarci informazioni vitali, per esempio, quando si trova in pericolo, può inviarci dei segnali con lo sguardo senza dover usare parole e istantaneamente i sistemi di attacco e fuga del cervello possono essere reclutati per intervenire. O ancora, quando vogliamo condividere con un amico un’opinione, un pentegolezzo “un po’ impertinente”, su una terza persona presente nelle nostre vicinanze, basta semplicemente muovere gli occhi verso la persona e il nostro amico capirà immediatamente di chi stiamo parlando. Quindi, gli occhi agiscono come le frecce naturali, incastonate sui nostri volti, che portano numerose informazioni, che dipendono dal contesto, dell’importanza che noi stessi gli attribuiamo, della rilevanza sociale ed emotiva, ecc.

Nel corso degli anni, vari scienziati hanno studiato l’importanza e il grado di influenza dello sguardo di un’altra persona sul cervello della persona che sta guardando, questi studi comportamentali utilizzano alcuni indicatori: il tempo di risposta (o tempo di reazione), il tasso di errore, oppure utilizzano strumenti quali realtà virtuale (VR), studi di eye tracking (ET), risonanza magnetica funzionale (fMRI), elettroencefalografia (EEG). 

Altri studi hanno dimostrato che possiamo imitare lo spostamento dello sguardo di un’altra persona (guardare da un punto all’altro) nel giro di 150 millisecondi (ms) e ci vogliono solo 75ms per percepire automaticamente lo sguardo di qualcuno (senza guardarlo consapevolmente). Quindi, si può immaginare quanto velocemente il nostro cervello catturi, elabori e risponda alle informazioni esterne attraverso i soli occhi. 

La tendenza a seguire la direzione dello sguardo di un altro essere umano è chiamata “EFFETTO GAZE CUEING”. Per il nostro cervello, il cue direzionale dello sguardo (i.e., l’indizio che ci indica la direzione dello sguardo) agisce come una “freccia” che punta verso la direzione dello sguardo e questo avviene abbastanza automaticamente, in maniera naturale. Questo ci aiuta nelle nostre interazioni sociali quotidiane in modo tale per cui non dobbiamo pensare di farlo coscientemente. Questo effetto guida una buona parte della nostra comunicazione non verbale, interazione sociale, risposte emotive, ecc. È un’abilità che iniziamo a sviluppare dall’infanzia e che migliora con la maturità e l’apprendimento. Un altro aspetto interessante emerso dagli studi sull’attenzione visiva e sociale, è che la nostra capacità di catturare più velocemente lo sguardo di un altro quando questo è diretto verso di noi è decisamente migliore. Dato che una persona che guarda direttamente verso di noi è più rilevante, sia valutare il contesto e sia perchè è importante per noi stessi (i. e. valutazione e riflesso dell’autostima), possiamo percepirlo più velocemente di qualsiasi altro sguardo (i.e. persona che guarda dall’alto in basso, da sinistra a destra, in diagonale, ecc.). 

Inoltre, possiamo captare qualcuno che ci guarda anche se si trova nel nostro campo visivo periferico. Questo indica quanto può essere forte l’effetto che il contatto visivo può avere su di noi, esattamente come lo sono l’aspetto sociale e autoriflessivo della nostra vita. Il contatto visivo ha anche rilevanza nella percezione e comprensione di ciò che un’altra persona sta pensando/sentendo (chiamata anche TEORIA DELLA MENTE), almeno la nostra valutazione del suo stato mentale (emozione/percezione/entrambi), basata sul suo sguardo accompagnato da spunti di linguaggio, del viso e del corpo. Infatti, le reti neurali per l’elaborazione della direzione dello sguardo e della teoria della mente sono le stesse! 

Ora, ci si potrebbe chiedere perché è importante studiare lo sguardo, la sua direzione, la velocità con la quale lo percepiamo e reagiamo. Una  delle motivazioni riguarda proprio uno degli ambiti di applicazioni, ovvero l’autismo. L’autismo è un disturbo dello sviluppo che ha una grande varietà di sintomi e gravità e quindi, è opportunamente rinominato in disturbo dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder-ASD). Le persone con ASD mostrano più comunemente difficoltà nelle interazioni sociali e nella comunicazione, insieme a comportamenti restrittivi e ripetitivi. Diversi studi condotti su bambini con ASD hanno dimostrato che la loro capacità di apprendere informazioni intenzionali ed emotive non verbali fornite attraverso gli occhi è deficitaria. E’ stato scoperto che le regioni cerebrali delle persone affette da questa patologia rispondono in modo diverso rispetto alle loro controparti neurotipiche di controllo in compiti che studiano l’effetto gaze cueing vs gli occhi che guardano direttamente. Ci sono diversi altri disturbi in cui lo studio del gaze cueing diventa importante, vale a dire per la Malattia di Alzheimer, il disturbo bipolare eutimico, la sindrome di Asperger, l’ADHD.

Così, nel corso di decenni, gli scienziati hanno dedicato la loro vita a capire le reti cerebrali responsabili di tale comportamento, la sua interazione con altre reti cerebrali e il suo impatto comportamentale causale in individui con capacità di gaze cueing compromesse. L’idea generale è che meglio comprendiamo il cervello e il suo funzionamento, meglio possiamo sviluppare terapie e training per far fronte a tali difficoltà, sviluppare nuove terapie.

BIBLIOGRAFIA

Following gaze: gaze-following behavior as a window into social cognition Stephen V. Shepherd S. V. (2010). Frontiers in Integrative Neuroscience. doi: 10.3389/fnint.2010.00005

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